Louis Moholo: dall'esilio alla leggenda (6)
Louis Moholo: dall'esilio alla leggenda (6)
calendar_today 26/06/2017 09:00
I protagonisti del nuovo jazz britannico sono affascinati dall'energia dei musicisti sudafricani e anche dal loro bagaglio di melodie e ritmi, e sono ansiosi di suonare con loro: il senso di comunità che si crea è ben rappresentato dalle notti londinesi, in particolare al club Old Place, in cui i musicisti che vogliono condividere la musica con i sudafricani sono così tanti che spesso sul palco ci può essere una dozzina di strumentisti o più alla volta. E' questo tipo di situazione che nel '66, nello spirito della Castle Lager Big Band del '63, dà a Chris McGregor l'idea di formare un'orchestra, con Dudu Pukwana, Mongezi Feza, Harry Miller, Louis Moholo e alcuni dei migliori musicisti del nuovo jazz britannico ed europeo, Evan Parker e Radu Malfatti per fare solo due nomi. Il senso della comunità si riflette nel nome scelto per la compagine: Brotherhood of Breath. Oltre ad offrire un eccezionale assortimento di straordinari solisti e a coniugare jazz contemporaneo e musica proveniente dal Sudafrica, la Brotherhood costituisce una esperienza cruciale in termini di arrangiamenti creativi e di dialettica fra dimensione orchestrale e libertà individuale, composizione e improvvisazione; Moholo con il suo drumming avrà un ruolo decisivo nel tenere insieme un lavoro orchestrale così audace. Il magnifico Live at Willisau della Brotherhood, registrato nella cittadina svizzera nel gennaio del '73, inaugura nel '74 l'attività di una nuova etichetta, la Ogun, creata da Harry Miller e da sua moglie Hazel: all'epoca il nuovo jazz è scarsissimamente sostenuto dalla stampa e dalla radio, e non trova l'interesse delle case discografiche, di qui dunque l'idea di pubblicare album, per dare alla musica la possibilità - letteralmente - di essere ascoltata.